Insulina e diabete: tra i più classici dei connubi. Ma cos’è veramente l’insulina? Scoperta nel 1921 per opera dell'inglese John James Macleod e del Premio Nobel per la medicina Frederick Grant Bating, è un ormone di natura proteica, prodotto dalle cellule del pancreas, meglio noto per la sua capacità di facilitare il passaggio del glucosio nel sangue, trasformandolo in glicogeno a livello epatico e rendendolo utile per la produzione di energia. Anabolico per eccellenza, l’insulina, pertanto, riduce la glicemia, e stimola la sintesi degli acidi grassi e degli aminoacidi in eccesso, inibendo la lipolisi. Favorisce, inoltre, il proliferare del potassio all’interno delle cellule.
Di solito, nelle persone sane, la quantità di insulina nel sangue non è costante, ma oscilla in base allo stato nutrizionale. Dopo qualsiasi pasto, infatti, i livelli insulinemici tendono ad aumentare, per poi tornare allo stadio basale in poche ore. In particolare, più sono gli zuccheri assunti, più cresce l’insulina prodotta dal nostro corpo. Hanno scarso apporto, invece, proteine e grassi, che rallentando la digestione, frenano anche l’assorbimento del glucosio. I valori normali si aggirano, comunque, intorno alle 4 e 24 micro-unità per millilitro di sangue, sia negli uomini che nelle donne.
Può succedere, però, che questi valori siano propensi a diminuire drasticamente. È il caso dell’insulinemia bassa, riscontrabile quando si è affetti da diabete di tipo 1 o di tipo 2 in fase avanzata; ipopituitarismo, ovvero l’assenza o la riduzione di uno o più ormoni generati dall’ipofisi, tra i cui sintomi ricordiamo affaticamento, infertilità, intolleranza al freddo e bassa statura; malattie pancreatiche, come la pancreatite cronica (compresa la fibrosi cistica) e il tumore al pancreas.
Insulino resistenza: i sintomi
Al contrario, l’insulino resistenza si configura come la scarsa sensibilità all’insulina da parte delle cellule, le quali non riescono ad assorbire il glucosio, che, quindi, permane a livello ematico. Il pancreas, dal canto suo, cerca di compensare la minore efficacia secernendo insulina in eccesso (iperinsulinismo). Le cause di questa disfunzione possono essere ormonali, genetiche o farmacologiche, in particolare se si è colpiti da malattie endocrine che richiedono l’assunzione di cortisolo e glucocorticoidi, inibitori dell’insulina.
Quando, però, la compensazione non funziona, e si verifica una condizione di iperglicemia, è più frequente avvertire sintomi quali:
- spossatezza e sonnolenza;
- senso di fame spropositato;
- difficoltà di concentrazione;
- problemi cardiovascolari, come l’aumento della pressione arteriosa;
- innalzamento del colesterolo cattivo;
- sovrappeso, poiché il fegato può convertire gli zuccheri in trigliceridi in eccesso;
- diabete.
Quest’ultimo è il caso più grave. Si tratta di una malattia cronica, strettamente connessa all’elevata presenza di glucosio nel sangue e all’ alterazione delle funzioni dell’insulina. Nello specifico, può rappresentare la causa scatenante di altre complicanze: cardiopatia, infarto, cecità, ictus, insufficienza renale, amputazione degli arti inferiori.
Dieta per insulino resistenza
Di certo, l’insulino resistenza dipende anche dallo stile di vita e dal regime alimentare giornaliero. Per cui, il primo passo per evitare o ridurre, soprattutto nelle fasi iniziali, le conseguenze della patologia in questione, è curare la propria dieta. Eliminare, o almeno limitare, cibi come:
- carni grasse, insaccati, burro, margarina, formaggi stagionati, fritture, perché ricchi di grassi saturi che a lungo andare potrebbero trasformare le cellule in una vera e propria barriera di resistenza nei confronti dell’insulina;
- dolci e zuccheri, merendine e biscotti, che innalzano i livelli di glicemia;
- cachi, banane, fichi, uva, anguria, o più in generale frutta troppo zuccherina.
Piuttosto, sarebbe opportuno puntare su:
- mele, pere, mandarini, ciliegie, frutti di bosco, pesche e albicocche, da mangiare preferibilmente con la buccia, così da garantire il necessario apporto di fibre;
- verdura, fonte di nutrienti come zinco, cromo e ferro, che svolgono un ruolo preminente nei processi metabolici;
- carboidrati e cereali integrali, che abbassano i trigliceridi, regolano la produzione di insulina, e favoriscono il senso di sazietà;
- carni magre, legumi e formaggi magri, carichi di proteine che rafforzano la massa muscolare;
- pesce azzurro, che contiene acidi grassi essenziali.
La dieta mediterranea, pertanto, si rivela come la più efficace: la varietà e le proprietà benefiche degli alimenti previsti, infatti, limitano significativamente i grassi saturi, a lungo termine nocivi per il nostro organismo. È necessario, inoltre, prediligere ogni giorno pasti piccoli e frequenti (5-6), senza saltare la colazione, ma tenendo a bada l’indice glicemico dei cibi selezionati.
Codiuvare il trattamento dell'Insulino resistenza con gli integratori
Non solo. È possibile contrastare gli effetti provocati da insulino resistenza, o prevenirla, ricorrendo a integratori naturali, contenenti sostanze e principi estremamente salutari a 360 gradi.
Tra tutti, spicca l’Omega 3. Secondo alcune ricerche condotte negli anni Novanta negli Stati Uniti, non solo aiuta a contrastare diverse malattie mentali, ma gode di un’influenza positiva sulla resistenza all’insulina, allontanando l’eventuale insorgere del diabete. L’insulino resistenza, infatti, dipende anche dal tipo di acidi grassi di cui sono costituite le membrane cellulari: più è alto il livello di Omega 3 e Omega 6, più è elevata la sensibilità all’insulina. Si è notato, ad esempio, come introducendo nell’organismo Acido Gamma-Linolenico presente nell’olio di borragine, i sintomi di degenerazione neurologica nei diabetici tendano a regredire, soprattutto quelli legati al distaccamento della retina dell’occhio, causa di cecità per molti malati gravi.
A tal proposito, è di rilevante efficacia anche la Gymnema Sylvestre, pianta medicinale spesso utilizzata per curare l’obesità. Gli acidi gymneici, infatti, ritardano l’assorbimento del glucosio a livello dell’intestino e incrementano la secrezione di insulina. Attaccandosi alle papille gustative posizionate sulla lingua, inoltre, ne bloccano l’attivazione per effetto delle molecole di zucchero.
Secondo uno studio pubblicato su FASEB Journal, poi, il tè verde, non solo è capace di impedire le alterazioni della memoria spesso associate a una dieta ad alto contenuto di grassi e fruttosio. Ma è anche funzionale alla riduzione del peso corporeo e della resistenza all'insulina.
Così come la carnosina, dipeptide naturale, presente nelle cellule dei muscoli scheletrici e dei neuroni. Col passare del tempo diminuisce, per cui, soprattutto per i soggetti in età avanzata, è consigliabile ricorrere a integratori che ne permettano il ripristino. La carnosina combatte i radicali liberi, ed è conosciuta per i suoi effetti positivi sull'attività fisica. Ma, in particolare, si distingue per la sua funzione antinvecchiamento. Contrasta, infatti, il fenomeno di glicosilazione, che si verifica quando depositi di zucchero in eccesso nei tessuti penetrano a tal punto da intaccare il corretto funzionamento dei tessuti stessi, della struttura e degli organi. La causa scatenante è il mancato controllo del glucosio e la produzione di AGE a partire proprio dall’accumulo di sostanze, peculiarità del diabete o di qualsiasi altra patologia legata all’insulino resistenza. Irrigidimento ed evidenti segni di invecchiamento i sintomi più comuni, che la carnosina, però, riesce ad osteggiare.
E ancora: di grande impatto la berberina, estratta dal crespino, e in grado di diminuire la glicemia e i livelli di colesterolo nel sangue. Se assunta sottoforma di integratore può migliorare il diabete di tipo 2, l’iperlipidemia e ridurre l’ipertensione, senza effetti collaterali. Tutto questo perché: incrementa la produzione di insulina, attivando un enzima presente nei muscoli e nel fegato; stimola la decomposizione del glucosio al fine di trasformarlo in energia (glicolisi); rallenta la sintesi del glucosio nel fegato, a partire da composti non glucidici.
Ultimo, ma non per importanza, il coenzima Q10, molecola chiave nel superamento dell’insulino resistenza, quando, però, i valori non sono eccessivamente alti da giustificare la diagnosi del diabete. È quanto emerge da una ricerca dell’Università di Sidney: il coenzima Q10 converte sostanze nutritive come grassi e zuccheri in energia. Lo si può trovare nei mitocondri, le “centrali elettriche” delle cellule del nostro corpo. E se da una parte gli scienziati stanno cercando di sperimentare una soluzione che ne garantisca una maggiore produzione interna, dall’altro è possibile ricorrere a integratori da assumere per vie orali.
Conclusioni
Dieta basata sulla moderazione calorica e sul consumo di alimenti a basso indice glicemico; regolare attività fisica; dimagrimento ed eventuale utilizzo di integratori alimentari specifici per il normale controllo della glicemia come Glycophen, questo è un approccio sensato per scongiurare il rischio di insulino resistenza. Peraltro, per comprendere se i livelli di glucosio e insulina presenti nel nostro organismo sono regolari, in campo clinico si è soliti analizzare le concentrazioni plasmatiche a digiuno. Talvolta, si ricorre anche alla curva glicemica che, in caso di soggetti affetti da insulino resistenza, ha un andamento stabile, salvo, poi, evidenziare, a distanza di ore, un brusco calo della glicemia. Oppure si sottopone all’attenzione medica il profilo lipidico, misurando la quantità di trigliceridi, di colesterolo totale, di quello LDL e di quello HDL. Ricorrere ad una cura farmacologica, però, risulta indispensabile solo quando un cambiamento del proprio stile di vita, o l’assunzione di integratori naturali, si rivelino insufficienti.
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